martedì 29 agosto 2017

Di chi è il Tiramisù?

Alla ricerca d’un padre ignoto

di Giampiero Rorato



Negli ultimi tempi s’è fatto un gran parlare e un gran scrivere sul dolce denominato Tiramisù e sono entrate in ballo anche le burocrazie del Friuli-Venezia Giulia e del Veneto, oltre al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Ma perché tutto questo rumore?

Naturalmente perché molti vogliono appropriarsi della sua paternità. Lo scrivente, in un frangente che fa pensare ad una vecchia battaglia fra Bologna e Modena e che Alessandro Tassoni raccontò nel suo poema eroicomico “La secchia rapita” d’inizio Seicento, in questa fase non si schiera da nessuna parte, preferendo raccontare, pur sinteticamente, i fatti, lasciando il giudizio ai lettori.

Questo dessert come ricordava  il sociologo Vittorio Filippi il 9 agosto scorso nell’editoriale del Corriere del Veneto, non ha grande storia, la sua ricetta non era presente nei libri di cucina degli anni 60 e 70 e il termine entra nei dizionari della lingua italiana solo a partire dal 1980.

È pronipote d’un dolce romagnolo, impiega savoiardi piemontesi, mascarpone lombardo, cacao brasiliano. “È, dunque, un prodotto culturale, il buon risultato di un meticciato profondo di diversi prodotti di diverse origini. Oggi è presente nel dizionario di 23 differenti lingue e in Europa è la quinta parola italiana più conosciuta”.


I precedenti 

Ma andiamo con ordine. Nel corso del XVI secolo fu elaborato alla corte degli Estensi a Ferrara un dolce a base di pan di Spagna, crema e liquore che in seguito si affinò con crema pasticcera e Alchermes ed è considerato l’erede italiano del dolce anglosassone “Trifie” che nel Rinascimento trovò ampia diffusione in Europa e, quasi un paio di secoli dopo, fu coperto con cacao arrivato dal Nuovo Mondo.

Venne chiamato zuppa inglese, pare in onore della regina d’Inghilterra ed ebbe nell’Italia di centro-nord molte varianti e ne ricordiamo la principale, il Porcospino, molto diffuso in Romagna, con addirittura una propria sagra e concorso che si tiene annualmente a Mercato Saraceno (Forlì-Cesena).

Il “Porcospino” era presente nella prima metà del secolo scorso anche nel Trevigiano, precisamente nel ristorante “Agnoletti”, aperto nel 1780 a Giavera del Montello e portato in auge dal grande Leone Agneletti a cavallo e subito dopo l’ultima guerra.

Quando, dopo il 1815, il Veneto passò sotto la corona asburgica, si diffusero anche al di qua delle Alpi i dolci al caffè e dei pasticceri innovatori sostituirono l’alchermes col caffè e il pan di Spagna con i savoiardi.

Nel Trevigiano

Venendo ad anni più recenti va ricordato che nel 1954 arrivò in visita a Venezia la regina di Grecia Federica di Hannover e le fu offerto un pranzo d’onore anche nel Trevigiano.

A preparare il dolce fu chiamata la signora Speranza Bon Garatti, che aveva un rinomato ristorante in zona Stiore a Treviso e realizzò quello che lei denominò “Coppa imperiale al Fogher”, confezionato quindi in coppa con base pan di Spagna, caffè, crema di mascarpone e cioccolato fondente grattugiato (molto simile all’attuale tiramisù).

Fu un successo, tanto che è servito ancor oggi agli ospiti dell’Albergo Al Fogher di Treviso, esattamente come l’aveva pensato e realizzato la mamma degli attuali titolari. La signora Bon aveva voluto migliorare una ricetta preesistente, preparando questo dolce in monodosi per rendere più facile ed elegante il servizio.

Sembra che negli stessi anni un dolce analogo fosse preparato in un altro ristorante trevigiano, realizzandolo di forma rettangolare su un grande vassoio. E c’è chi afferma che un dolce analogo fosso preparato in un ristorante tra Livenza e Tagliamento. Ma di questi dolci nessuno ne ne ha scritto.  Pochi anni dopo un dolce analogo, anche questo di dimensioni piuttosto grandi (da ristorante) e di forma inizialmente rettangolare e poi anche rotonda, ma con base di savoiardi al posto del pan di Spagna e cacao al posto del cioccolato fondente grattugiato fu preparato alle Beccherie, ristorante nel cuore di Treviso, dalla signora Alba Di Pillo Campeol, titolare del celebre ristorante con il cuoco Roberto Linguanotto. Era il dolce della casa, da allora sempre presente, venne quasi subito copiato e la diffusione fu immediata.

Nel 1981, il gastronomo trevigiano Giuseppe Maffioli scrisse nella rivista Vin Veneto da lui diretta un veloce articolo su questo dolce all’interno di un servizio dedicato ai dolci al caffè. Dopo aver presentato tutta una serie di ricette scrive: “Tutte le ricette suesposte appartengono a un repertorio più frequente nella cucina mitteleuropea di Trieste e tuttavia con stretta parentela con quella veneziana che per lungo tempo è stata influenzata dagli immigrati asburgici.

 È nato recentemente, poco più di due lustri orsono [quindi nella seconda metà degli anni ‘60] un dessert nella città di Treviso, che fu proposto per la prima volta da un certo cuoco pasticcere di nome Loly Linguanotto, che, guarda caso, giungeva da recenti esperienze di lavoro in Germania. Il dolce e il suo nome tiramisù, come cibo nutrientissimo e ristoratore, divennero immediatamente popolarissimi e ripresi, con assoluta fedeltà o con qualche variante, non solo nei ristoranti di Treviso e provincia, ma anche in tutto il grande Veneto ed oltre, in tutta Italia.” Era la prima volta che usciva un articolo sul tiramisù, specificando autori e nome del ristorante.

Negli anni seguenti sul tiramisù appaiono  altri articoli e la ricetta è ben presto riportata in doversi libri di cucina.


Tiramisù monodose di Elisa Puzzer (Trieste)




In Friuli Venezia Giulia

In Friuli Venezia Giulia si hanno notizie abbastanza recenti sull’esistenza di un dolce chiamato Tiramisù che sarebbe stato realizzato al Roma di Tolmezzo da Norma Pielli, modificando il “Dolce Torino” C’è la copia di un conto rilasciato dal Ristorante nel 1959 e poi  la citazione “par indolzi: di tirimi-su un pôc” (per dolce: un po’ di tirimi-su) in due cene del 1963 e 65.e, successivamente, sarebbe emersa anche la ricetta, scritta in data non precisata.  

Nello stesso periodo a Pieris (Gorizia) era preparato un dolce denominato Coppa Vetturino Tirime su.  Queste notizie sono state confermate da persone degne di fede, eredi o parenti degli autori dei due dolci citati.

Dopo quei pochi anni, di entrambi i dolci non si è più fatta menzione, forse perché non più realizzati, anche se qualche cuoco o cameriere dei due locali può averli realizzati in casa propria o fatti conoscere ad altri cuochi o ristoratori.

Il dato storico più recente è del 24 maggio 2015 e riguarda il Tiramisù più grande del mondo, realizzato a Gemona del Friuli della lunghezza di 30 metri e largo 2, del peso di 3.015 kg, che ha  fatto entrare questo Tiramisù  nel Guinness dei primati. I primati precedenti appartenevano a Piove di Sacco, Cassino e al Bahrein…

Un’ultima annotazione: l’accademico udinese Pietro Adami, originario di Raveo, ha scritto nel 1985 un volume intitolato “La cucina carnica”, riedito arricchito da ulteriori ricerche anche d’archivio nel 2009 (entrambi da Muzio editore). In nessuno dei due volumi è citato questo dolce in Carnia.  Nel 1995 il grande cuoco carnico Gianni Cosetti, chef patron del Roma di Tolmezzo, pubblica un denso volume intitolato “Vecchia e nuova cucina di Carnia” (ultima edizione, Tipografia Moro, Tolmezzo, 2015), Neppure Gianni Cosetti nomina il Tiramisù, sconosciuto, quindi sia allo studioso e ricercatore Pietro Adami che allo chef Gianni Cosetti.

Il padre ignoto

Del bisavolo abbiamo scritto: è la Zuppa inglese, così come sappiamo che quel dolce ha avuto molti figli, nipoti e pronipoti che, col passare dei secoli, si sono modificati adeguandosi ai nuovi gusti e alle nuove mode e, fra questa discendenza, ci sono anche il “Dolce Torino”, riportato dall’Artusi ed altri simili in voga in Italia nell’800. Trattandosi di un dolce ora diffuso in tutto il mondo, considerato addirittura il più diffuso, trovare chi è il padre è impresa titanica, se non impossibile, che lasciamo ad altri.

Allora che cosa ci interessa sapere: Chi ha inventato il nome tiramisù? Di padri, a distanza di decenni, ne sono spuntati parecchi, un po’ troppo per la verità. Chi ne ha precisato la grafia?

E qui, non c’è dubbio. È stato Giuseppe Maffioli nel 1981, anche se l’anno prima il nome era stato inserito per la prima volta in un vocabolario, come mostro nel pezzo che segue.

Chi l’ha fatto conoscere nel mondo? E anche qui il merito va a Giuseppe Maffioli, è stato il primo a far conoscere attraverso la stampa la ricetta.

E, pur nelle mille varianti realizzate attualmente, qual è la ricetta inizialmente diffusa dai media e realizzata nei ristoranti di tutto il globo? Non c’è dubbio, quella delle Beccherie di Treviso. Credo tuttavia che ciò che veramente importa è che nel nostro Nordest è stato affinato e lanciato un dolce straordinario e buonissimo che il mondo ci invidia. E dobbiamo esserne fieri