mercoledì 6 giugno 2012

La lenta agonia del Tocai


Il vino bianco del Veneto Orientale e del Friuli Venezia Giulia più apprezzato e richiesto nel secolo scorso sta ormai per scomparire
di Giampiero Rorato

È davvero triste dover assistere, impotenti, al lento progressivo declino d’un vino bianco che, pur apparso solo nella seconda metà dell’800, è stato per tutto il ‘900 uno dei più apprezzati e goduti emblemi della vitienologia del Nordest d’Italia.
Non è un vitigno storico (nonostante alcune piacevoli leggende friulane prive totalmente di fondamento), essendo arrivato nella provincia di Venezia solo nella seconda metà dell’800, importato da qualche ricco possidente in rapporti con la Francia e ha subito trovato a Lison, frazione del comune di Portogruaro, il suo habitat ideale, diffondendosi poi, abbastanza velocemente in tutto il Friuli Venezia Giulia e nel Trevigiano. Il vitigno e il vino vennero allora chiamati Tocai, anche se l’impiego di questo nome resta a tutt’oggi sconosciuto. Nella lingua albanese, “tocai” significa “del posto”, e c’è chi ipotizza, non si sa su quale base, che i vignaioli che lo importarono volessero farlo passare per un antico vitigno locale.
In verità, come hanno scoperto Antonio Calò e Angelo Costacurta, già primi responsabili dell’Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano (Treviso), grazie all’esame del Dna, il Tocai è in realtà Sauvignonasse, originario della Francia e lì praticamente scomparso. 
Nei primi decenni del secolo scorso, su questo vitigno c’era ancora molta confusione, creduto a volte Riesling a volte Sauvignon e altro ancora. - c’è anche chi lo considerò un vitigno ungherese - ed è solo nel 1933 che il prof. Giovanni Dalmasso, della scuola enologica di Conegliano, propose in un articolo sul Corriere Vinicolo di chiamarlo Tocai friulano, anche se il suo primo insediamento in Italia era stato nel territorio di Lison di Portogruaro.
Da allora conobbe un continuo espandersi, tanto che a Udine per dire “prendiamo un calice di Tocai” bastava dire  “prendiamo un tajut” (un calice), senza specificare il vino, tanto il vino bianco per eccellenza era il Tocai, come lo era anche nelle province di Venezia e Treviso (soprattutto in pianura).
Poi, come si sa, a seguito di un accordo fra la Comunità Europea e l’Ungheria, ratificato dal Consiglio europeo il 23 novembre 1993, relativo alla tutela e al controllo reciproco delle denominazioni dei vini, iniziò un contenzioso che si concluse definitivamente con una sentenza del 12 marzo 2007 nella quale il Tribunale della Comunità Europea sancì di fatto il divieto del nome Tocai per i vini italiani, riservandolo esclusivamente all’Ungheria per il proprio vino storico.
E cosa successe allora in Italia?
Il Tocai era una DOC importante, abbondantemente prodotto in tutto il Friuli Venezia Giulia, nel veneziano, nel trevigiano e, in purezza o in assemblaggio, anche a Custoza (Verona), nei Colli Euganei (Padova), nelle Corti Benedettine (Padova), a Merlara (Padova), a Breganze (Vicenza), nell’area del Garda (Verona) e, in Lombardia, a San Martino della Battaglia (Brescia).
La sentenza del 2007 obbligò l’Italia a cambiare il nome a questo vino e le autorità, a volte in accordo coi produttori, decisero in modo forse superficiale il nuovo nome ed ebbe inizio la  babele.
In Friuli Venezia Giulia, dopo una prima valutazione della proposta del Presidente emerito degli enologi italiani, Piero Pittaro che aveva suggerito di chiamarlo Tai, T(oc)ai, in omaggio alla tradizione friulana prima ricordata, decisero di adottare il nome “Friulano” (dimenticando che tutti i vini prodotti nelle province di Udine e Pordenone sono vini “friulani”).
In provincia di Venezia, dove era conosciuto come “Tocai di Lison”, i produttori del mandamento di Portogruaro decisero di chiamarlo “Lison”. In tutto il Veneto (quindi anche nel veneziano) fu deciso di chiamarlo “Tai”  (compreso il Tocai Rosso dei Colli Berici che è tutt’altro vino). A Custoza, Colli Euganei, Merlara, Breganze, area del Garda, San Martino della Battaglia si conservarono i nomi precedenti.
Dunque, un vino che nasce dalla medesima barbatella, è chiamato nel Nordest in diversi modi, creando, come è possibile capire, un’inconcepibile confusione, con totale impossibilità di una idonea promozione.
Ma Tai perché? Se lo è chiesto anche il celebre imprenditore trevigiano Luciano Benetton che ha scritto: “Tai è una frazione di Pieve di Cadore e un monte della Cina. Ed è anche il principale gruppo etnico della Thailandia e un pesce giapponese simile all’orata”. Ed è pure, aggiungiamo noi, il nome delle Linee Aeree Tailandesi. E allora, cosa c’entra Tai?
Sono stati più intelligenti i produttori del Carso Sloveno che hanno ribattezzato il loro Tocai col nome del vitigno, quindi Sauvignonasse (si consulti internet).
E come se non bastasse, da una barbatella che conserva il nome di “Tocai friulano” abbiamo una vite che si chiama “Tocai friulano” e, fuori dal Friuli, anche se erroneamente, “Tocai italico” e abbiamo, sempre dalla barbatella di “Tocai friulano” i seguenti vini: Friulano, Lison, Tai, Custoza, Colli Euganei, Merlara, Breganze, Garda, San Martino della Battaglia.
La conclusione? Nel comprensorio Doc Piave, uno dei più vasti d’Italia, dove fino a tutto il secolo scorso il Tocai era l’emblema dei vini bianchi locali (a parte gli internazionali Chardonnay, Pinot, Sauvignon, ecc.), oggi si hanno solo 10 vigneti piantati a Tocai Doc e anche questi corrono il pericolo di scomparire a breve.
In Friuli, per tentare di salvare questo vino, i vignaioli del comune di Corno di Rosazzo (Udine) si sono riuniti, mettendo assieme i loro Tocai e dando al vino così prodotto il nome di “Blanc di Cuar”, il “Bianco di Corno”, promuovendolo con questo nome difficile da pronunciare fuori del Friuli, immaginarsi in Europa!!! Ed è poi il vino di un solo comune ed è naturalmente un vino di nicchia, buonissimo, certo, ma senza prospettive.
Purtroppo il futuro di questo vino è tutt’altro che roseo, visto anche che il più redditizio Prosecco può essere prodotto non solo nelle colline trevigiane, ma ormai in tutto il Veneto Orientale e nel Friuli Venezia Giulia e piantare Prosecco al posto del Tocai è diventato una moda inarrestabile.
(articolo scritto per Il Sommelier, rivista ufficiale della FISAR)